Castello Generale Cantore

Comando Scuola Militare Alpina 

Via Della Scuola Militare Alpina

11100 Aosta

+39 0165 361284

Sede del Comando del Centro Addestramento Alpino

Soltanto il pennone del tricolore che gareggia in altezza con la silhouette aggraziata dalle torri, rivela nel castello, oggi dedicato al Generale alpino Antonio Cantore, la sede militare: lì sono nati i battaglioni "Duca degli Abruzzi", il "Monte Cervino", il "Monte Rosa", la "Compagnia Arditi Alpieri", il "Reparto Autonomo Monte Bianco", che le vicende della seconda guerra mondiale hanno consegnato alla soria e alla leggenda. Qui, da settant'anni, il dovere militare e la vita di montagna si intrecciano con estrema naturalezza.

Ma quando il 22 dicembre 1933 Vittorio Emanuele III firmò a Napoli il decreto istitutivo della Scuola Centrale Militare di Alpinismo, l'ufficio di comando, sistemato in un locale di fortuna cittadino, disponeva di pochi tavoli da casermaggio e di una solitaria macchina da scrivere. Ufficiali, Sottufficiali e alpini con "precedenti di mestiere", affluiti ad Aosta, avevano dimora nelle caserme "Testafochi" e "Mottino".

Sovrastato dalle imponenti piramidi dell'Emilius e della Becca di Nona, il castello residenziale Jocteau era stato eretto in stile eclettico nel 1907 sulla collina di Beauregard, a nord est della citta di Aosta dal barone Carlo Alberto Jocteau, erede di un antica famiglia savoiarda, originaria di Grenoble, postasi al servizio del Regno di Sardegna in epoca risorgimentale. Il nonno Marcantonio aveva fatto parte della delegazione che nel 1849, a Milano, aveva condotto le trattative di pace con gli austriaci dopo la prima guerra d'indipendenza.

Il progetto del castello  

Il progetto del castello era firmato dell'architetto conte Carlo Ceppi ed i lavori vennero assegnati alla ditta Bianchi di Aosta, Mastro Muratore come indicano i documenti dell'epoca, sotto la direzione dell'ingegner Ottavio Invrea di Torino.

L'edificio, messo in vendita dal barone nel 1934, fu acquistato, per un milione e qualche spicciolo, dal Demanio Militare e adibito a sede del comando del nuovo Istituto.

Nel disegno e nella linea delle torri richiama il maniero innalzato due anni prima a Gressoney per la regina Margherita e non ha subito finora cambiamenti strutturali. La collina di Beauregard, 654 metri di quota, fa parte di una famiglia di rilievi dove il più elevato raggiunge una quota di 801 metri, sovrastando di un centinaio di metri l'antico alveo glaciale. Il complesso ha assolto per millenni finzione di "verrou" (catenaccio), tra i valloni del Gran San Bernardo e del Buthier.

Sul prato che lambisce a nord l'attuale recinzione dell'area militare, s'innalza per una dozzina di metri un rilievo tondeggiante, gradinato a strette terrazze coltivate a vite: è stato riconosciuto come un tumulo funerario dell'età del ferro, che si presume debba conservare i resti di un capo o notabile dei primi abitatori della Valle d'Aosta, i Salassi celto-liguri. Roma non c'era ancora.

Il castello fu dedicato a Luigi Amedeo di Savoia degli Abruzzi, grande esploratore ed alpinista, che vanta fra l'altro un'espolazione polare, il monte Sant'Elia in Alaska, il Ruwenzori africano e il primo tentarivo al K2. Nel 1936 prese il suo nome, caso unico nella storia del corpo degli alpini, un battaglione formato da sciatori e rocciatori di elevato livello che si rese protagonista di eccezzionali imprese alpinistiche di reparto. Il suo busto in bronzo, opera dello scultore Orlando Orlandini, è posto all'ingresso nord: il nome del duca spicca a lettere d'acciaio sulla torre centrale dell'edificio, che per i vecchi aostani è tuttora "il castello degli Abruzzi".

Stanze e saloni con lo stemma baronale accolsero, oltre ai vari uffici e servizi, il laboratorio di fisiologia, il gabinetto cine-fotografico, la biblioteca-cartoteca, il museo dei materiali sci alpinistici, raccolti con la collaborazione di enti civili e militari, fra i quali preziosi reperti del secolo precedente, la Sezione sculture in legno, la palestra di ginnastica presciistica. La varietà degli indirizzi aveva impresso all'Istituto un aspetto multiforme, ma il fine era unico: formare gli specialisti della montagna, i quali avrebbero poi messo a frutto le esperienze acquisite a favore di tutti i reparti alpini.

Stemma Araldico 

Nel 1938 sarà concesso alla Scuola lo stemma araldico col motto "Ardisci e Credi".

 Muove dal ponte sul torrente Buthier, nei pressi dell'Arco d'Augusto, la strada che raggiunge in breve l'entrata del parco, progettato dall'architetto torinese Giuseppe Roda "costruttore di giardini" come si definiva nell'intestazione del suo studio, s'inoltra tra abeti e larici, faggi e ippocastani, cedri e betulle, tigli e aceri, sfiora il giardino roccioso e si arresta sotto il pennone della bandiera.

Sala d'onore 

La Rotonda è il salone d'onore dell'Istituto, nel quale si aprono a raggio la Sala Azzurra e l'ufficio del Generale Comandante, che conservano integra la decorazione originaria, la Sala riunioni, completamente rivestita dai bozzetti in legno della tecnica alpinistica, e della biblioteca, vivacizzata da un dipinto su tela en plein air di sapore paganobulico. Nei suoi armadi volumi di storia militare, vita alpina, natura di montagna, geografia d'ogni paese, e nelle bacheche la storia fotografica della Scuola, dagli inizi ai giorni nostri. A mezza altezza corre uno stretto loggiato fitto di coppe e trofei, a memoria del "Nucleo Pattuglie Veloci Sci-Alpine", dove, dagli anni trenta, era confluita l'élite dello sci militare italiano. Due nomi per tutti Zeno Colò e Achille Compagnoni.

Statue

A pianterreno le sculture in legno a grandezza naturale dell'ufficiale sciatore e dell'alpino in postazione . Li affiancano due celebri alpinisti valdostani : Jean-Antoine Carrel e Amilcare Cretier.

Nella rotonda hanno ammirato i delicati stucchi floreali e l'arredamento baronale visitatori illustri. Iniziò la serie nel 1938 il capo del governo, Benito Mussolini, che siglò la sua visita con un lapidario:" Per gli alpini d'Italia non esiste la parola impossibile". L'anno successivo fu la volta del piccolo e occhialuto Hiro Hito, imperatore di Giappone, due anni prima di Pearl Harbour e sei prima di Hiroscima. Dal vicino castello di Sarre giungevano, frequenti ospiti, Umberto di savoia e la principessa Maria Josè, che alternavano palestra di arrampicata e campi da sci. Seguiranno nel dopoguerra quattro capi di stato: Leone, Saragat, Cossiga e Ciampi. E infine Giovanni Paolo II, che dalla Valle D'Aosta benedisse l'Italia e il mondo. Nella cappella dedicata alla Madonna pregò per tutti i caduti della montagna e vi lasciò a suo ricordo un artistico Crocifisso.

Palestra di roccia

L'idea di creare un "rocciodromo" a portata di mano era nata insieme alla Scuola, quanto i primi arrampicatori si facevano le ossa sulla parete di Sarre, insieme alle nappine rosse di "Aosta". Con la nuova sede sulla collina di Beauregard si potè disporre del dosso roccioso retrostante il Castello: si fecero accurati esami, furono abbozzati schizzi e allestimenti progettati per la struttura che permettesse "l'impiego di tutti i mezzi che la tecnica del moderno arrampicamento applica per il superamento delle massime difficoltà". L'iniziativa ebbe l'assenso "senza remore di spesa", dallo stesso Mussolini. Il tenente Giuseppe Inaudi, valente alpinista, potè così dedicarsi, dopo il lavoro cartografico, all'alpinismo in scala reale: su disegno di Toni Ortelli, tecnico della società "Cogne", il dosso granitico fu squarciato a colpi di mina e i detriti sgombrati con vagoncini. Nacque così, nel cortile di una casa, una palestra di arrampicata con tutti i gradi di difficoltà e ogni tipo di via: spigolo, camino, tetto, cengia, fessure, appigli a rovescio. Il problema della salita su ghiaccio fu risolto con tavole di larice a inclinazione diverse, destinate per generazioni ed essere punzecchiate da ramponi e picozze.

Come corollario alla struttura rocciosa, in stretta dipendenza delle finalità della Scuola, furono messi in lavorazione i bozzetti dei legno esplicativi della tecnica alpinistica, perchè gli allievi, toccando con pano anche "a tavolino": potessero esaminare a fondo e in tutti i suoi aspotti le difficoltà del terreno d'operazione. La serie, una cinquantina di pezzi, alcuni dei quali si trovano nelle sedi di Courmayeur e La Thuile, ha sempre rappresentato uno dei più prestigiosi biglietti da visita dell'istituto: danneggiata a seguito degli eventi bellici, fu restaurata da un trentino, valdostano d'adozione, lo scultore Mario Stuffer.

Dopo l'8 settembre 1943, al castello fu riservata la triste sorte del saccheggio. Venne con fatica salvato il tricolore, ma in quei giorni osciri si compiva una vergognosa spoliazione della Scuola: vennero asportati i materiali più preziosi, scomparvero i mobili di valore, i volumi più pregiati della biblioteca e l'attrezzatura sportiva. L'edificio ramase fortunatamente intatto nella sua struttura, ma fino alla conclusione delle ostilità dovette subitre la trafila degli occupanti, che trasformarono i saloni baronali e le rotonde delle torri in bivacchi di manipoli: i locali sotteranei vennero adibiti a prigioni militari. Dopo il 25 aprile del 1948 grazie all'iniziativa del Col. Boffa l'edificio fu occupato da un reparto di alpini del Corpo di Liberazione, che riuscirono a recuperare parte del materiale trafugato, il parco fu riordinato e ripulito.

Il 22 agosto 1948 il Ten.Col. Francesco Vida consacrava ufficialmete la nascita della nuova Scoula Militare Alpina e la consegna della nuova bandiera d'Istituto. Si ricostituiva nel castello di Beauregard il Comando della Scuola alle dipendenza dell'Ispettorato di Fanteria e Cavalleria e e riprendeva gradualmente la tradizionale attività in campo sci-alpinistico a favore dei Quadri delle Truppe Alpine e di alstre specialità dell'Esercito, della Marina e di Forze Armate estere.